la iatta Mammona

 

 

 

 

testo e regia Terry Paternoster

con gli attori del Collettivo Internoenki
Teresa Campus, Valentina Cocco, Irma Carolina Di Monte, Ramona Fiorini, Terry Paternoster, Gianni D’Addario, Salvatore Langella, Angelo Lorusso, Urbano Lione, Ezio Spezzacatena

Produzione Collettivo Interno Enki
In coproduzione con Fondazione Campania dei Festival - E45 Napoli Fringe Festival

 

IL TEMA

L’opera nasce da una notizia di cronaca, taciuta dallo Stato Vaticano e diffusa dal settimanale statunitense National Catholic Reporter, in cui si raccolgono molteplici segnalazioni di aborti, commissionati da preti provenienti da 23 paesi del mondo ed eseguiti da medici cattolici.

IL FATTO
Una notizia che diventa “fatto”, quando il faro si accende in un paesino del sud Italia. Un sud che tramanda regole e costumi, fra statue e cattedrali senza tempo, in cui finte integrità morali rimestano racconti intrisi di ombre velate di mistero, che sfiora gli oscuri confini del sacro e del profano. In questo scenario di atavica omertà, il fuoco si assesta su Ninuzza: una donna qualunque, una giovane vagabonda, una “gatta di strada”, che, sedotta e sfruttata sessualmente da un prete, Don Niculino, accetta di “far la parte” della miracolata, in cambio di un pasto caldo e pochi spiccioli. La piaga dello scandalo si insinua silente fra le chiacchiere e la compiacenza dei fedeli, che inducono Ninuzza, rimasta incinta, ad acconsentire all’aborto. Sottoposta ad un intervento clandestino, la donna muore, proprio mentre la sua gatta, dall’altra parte della strada, mette al mondo i sui cuccioli neri. Don Niculino, carnefice del “sacrificio”, celebrerà la messa requiem per la sventurata, protetto dall’amara coltre del silenzio. “La iatta Mammona” è un’opera teatrale in chiave buffonesca, un’interpretazione grottesca del puritanesimo e dell’ipocrisia di un’Italia che nel 2013 non ha il coraggio di aprire gli occhi.

IL BRANCO
Il compito del racconto è affidato ad un Branco di buffoni che, in una dissacrante veste parodistica, dileggiano l’ipocrisia di un coro di vecchie bigotte in preghiera. Sarà proprio il branco a raccontare, con pungente cinismo, un business di santi e miracolati: la storia di uno dei tanti preti “corrotti” e di una delle tante donne soffocate da quel condizionamento culturale che induce all’obbedienza.

IL VELO NERO
Parimenti, nella storia vediamo da un lato la critica ad un certo bigottismo dell’Italia cattolica, dall’altro una riflessione: se è più immorale un prete che ama una donna o un prete che la costringe ad abortire.
La Iatta Mammona racconta un altro dualismo: la contraddizione dello stesso prete che non può diventare padre. È la consapevolezza del paradosso, lo stuzzicante pretesto per quel pettegolezzo da contornare di metafora e superstizione.
Nessuna risposta. Nessuna verità assoluta su ciò che è giusto o sbagliato. La iatta Mammona è un’interpretazione grottesca del puritanesimo e dell’ipocrisia di un popolo che si nasconde dietro un velo nero, simbolo del letargo conoscitivo e culturale in cui riversa un’Italia che, ancora oggi, non ha il coraggio di aprire gli occhi. Oggi come ieri, oggi più di ieri. Immagini forti, sgradevoli, al servizio dei simboli più decadenti della tradizione popolare italiana.

LA POETICA DELL’INDISCREZIONE
Proprio come nelle favole, dove il bene trionfa e il male è sempre sconfitto, il peccato sarà cancellato con un altro peccato (l’aborto, infatti, è atto suscettibile di scomunica per la Chiesa cattolica) e farà trionfare il “bene” sulle spalle del popolo, proprio come una Madonna portata in processione.
Presentiamo con “La Iatta Mammona" un esperimento drammaturgico che tenta di portare in scena, insieme alla cronaca, la poetica dell’indiscrezione: direzione che caratterizza l’attuale ricerca dell’autrice, attenta, da un lato, alla voce dei deboli, dall’altro al carattere malefico che può assumere la loro remissività, quando la voce diventa chiacchiera, quando quella voce condiziona il destino di un uomo e di una donna, come di un prete e della sua “puttana”.
Una poetica che rifiuta l’effetto fine a se stesso e che propone oltre al “fatto”, la metafora del “fatto”, la cruda poesia di un amaro che fa scoprire i denti. Nel bene o nel male.